Nel periodo dal 1429 al 1454 gran parte della Garfagnana, e quindi anche Fornovolasco, passò sotto il dominio Estense; essi vollero subito saggiare le reali potenzialità minerarie del territorio dato che avvertivano l’esigenza di sottrarsi alla dipendenza della Repubblica di Venezia che in quel momento controllava gran parte della produzione del ferro, lavorato in particolare nelle vallate bergamasche e bresciane. In quel periodo il ferro lavorato a Modena proveniva tutto da quelle valli lombarde che, in seguito al Trattato di Lodi, erano passate dal dominio di Milano a quello di Venezia. Ad incoraggiare gli Estensi nel loro progetto contribuì probabilmente il sorgere di altri distretti siderurgici fuori dall’influenza veneziana: insediamenti del Ducato di Milano nelle vallate alpine (Valtellina e Valsassina), appenniniche (Val di Nure di Piacenza) e liguri (Masone nella Repubblica di Genova). Gli Estensi pensarono così di riprodurre in Garfagnana una filiera completa del ferro, sulla falsariga delle valli bresciane, partendo dal minerale locale per arrivare, attraverso la fusione in loco, fino alla lavorazione finale; contavano così di liberarsi dalla dipendenza da Venezia e di raggiungere una totale autonomia soprattutto in campo militare, con una produzione importante di bombarde e palle di cannone. Inoltre, essendo le risorse del sottosuolo considerate un bene patrimoniale del principe, questi, dall’esercizio della siderurgia finalizzata all’armamento ed al commercio, avrebbe ricavato grande prestigio e significativi vantaggi pecuniari.
Inoltre va evidenziato che il tessuto siderurgico della Garfagnana presentava già diversi insediamenti produttivi, seppur rappresentati da officine di modesta entità gestite in forma privata o comunale; a Fornovolasco intorno al 1450 risultavano produttive almeno 3 fabbriche, che in parte lavoravano anche minerale locale.
Negli anni 1457-58 Borso d’Este inviò alcuni esperti minerari a compiere ricerche e saggi sulla montagna modenese-reggiana; si trattava di mastro Loise di Francia, con alcuni aiutanti e due minatori della Bosnia, e del nobile Giacomo Ecevit da Ragusa, con dieci minatori bosniaci e francesi. E’ presumibile che essi spostassero la loro attenzione sulla più promettente catena apuana.
Successivamente, sotto il governo del Duca Ercole I, il progetto legato al ferro cominciò a realizzarsi. Egli nel 1477 concesse a due bolognesi lo sfruttamento delle cave metallifere poste nei suoi domini, escludendo però le miniere di ferro, a dimostrazione di un progetto d’intervento diretto in tale settore.
Da documentazione scritta del 1480 si capisce che a Fornovolasco era già operativo un centro siderurgico di proprietà ducale, a cui sovrintendevano il Maestro Giovanni Zenga e Paolo Giovanni da Montepulciano. Esso consisteva in un forno per colare la ghisa da minerale scavato nelle vicinanze e di una fabbrica da ferro composta da almeno due fucine. Le maestranze erano principalmente bresciane ed il ciclo del forno era diretto dal Maestro Bartolomeo di Rampin, da Gardone Val Trompia. Tuttavia l’impresa non fornì i risultati attesi, causa anche i disaccordi tra i due sovrintendenti e nel novembre 1481 venne sciolto il rapporto con lo Zenga. Ne seguì una fase operativa opaca e scarna di risultati; forse per tale motivo il Duca Ercole I nel 1486 si recò personalmente in Garfagnana, transitando per quei luoghi montuosi portato a spalla da uomini robusti e veloci; visitò le miniere della Pania ed ispezionò gli opifici di Fornovolasco.
Dalla corrispondenza inviata al Duca si evince che nel 1490 erano in corso cospicue opere idrauliche a cura dell’ingegnere Francesco di Michele Narentino per migliorare l’afflusso dell’acqua agli edifici; inoltre non andarono ancora a buon fine i tentativi di produrre bombarde metalliche, come quelle prodotte nelle valli bresciane, che nelle intenzioni del Duca dovevano sostituire le palle di pietra.
Dopo tali insuccessi probabilmente il Duca meditò una radicale innovazione delle strutture e delle tecniche.
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Immagini di gallerie scavate in epoca Rinascimentale nel Complesso delle Buge – Foto Buffardello Team